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la storia del'ancunetana in vernaculo
a cura de Pieru Rumagnoli

Per chi vole scrive a Piero questa è la meil: piero.romagnoli©fastwebnet.it

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Capitulo 31 - Nasce l'US Ancona 1905

 

Questa è la storia di una Città incredibile e della sua squadra di calcio. Una storia unica nel panorama disastrato di un Paese alla deriva e del suo sport nazionale ancora peggio combinato. Assomma in sé  considerazioni sociali, politiche, di costume e di sport, questa storia che è lo specchio fedele di un popolo fiero, diverso, marinaro. Comincio volutamente questa storia in italiano, in onore al nostro Paese che festeggia il secolo e mezzo dell’Unità, a discapito di qualche imbecille che sta facendo di tutto per dividerlo....  

 

 

L’Ancona de palò è morta. Tuti crepa: le bestie, le perzone, le urganizaziò. E crepa ancora le squadre de palò, quele grosse e quele picenine. L’Ancona de nialtri ha campato 105 ani, manco poghi! E ntél’istate del domila e dieci, sta vechia Signora ha tirato le cuoia ancora lia. Na Signora che aveva  vissuto ala grande, fra imprese miracolose e abissi paurosi: na vita spericulata a cavàlo de quatro serie de palò e un publico rustigo e ignurante, che prò ntél  core cià avuto sempre el culore roscio dele majéte de sta squadra.

Sono tante le Società di calcio professionistico che hanno chiuso i battenti nel primo decennio del ventunesimo secolo. Conseguenza del peso sempre crescente del denaro e del business. Se si fa eccezione per poche realtà metropolitane dai mezzi e dall’organizzazione già adeguati ad affrontare le nuove sfide del millennio, quasi tutte le società di provincia si sono invece barcamenate fra la sopravvivenza stentata e il fallimento. Nomi illustri hanno riempito l’elenco delle vittime del nuovo calcio, per citarne solo alcuni: Pro Vercelli, Pro Sesto, Legnano, Mantova, Treviso, Venezia, Rimini al nord; Lucchese, Pisa, Perugia, Arezzo al centro; Avellino, Messina,  Potenza, Cosenza al sud. Persino la Fiorentina, prima che l’attuale proprietà la riportasse fra le grandi. Le avvisaglie del fallimento sono sempre le stesse: proprietà esterna al tessuto cittadino; equilibrismi finanziari; sproporzione fra ricavi dal pubblico e dai diritti televisivi; costi eccessivi; stadi costosi, distanti e sproporzionatii. Non aveva fatto eccezione neppure la nostra Ancona ....   

 

 

....cel zzapemo bè che dagià na volta sta Vechia Signora c’era andata vicinissima a lasciacce le péne. Era stato in quel’incredibile istate del Domila e quatro, quanto l’Ancona de Pierò, retrucessa cun vergogna dala segonda aventura in zzerie A, s’era squajata cume ‘n gelato al  zzole, e aveva duvuto alzà bandiera bianca de fronte a na quantità de bufi da fà paura. Pierò era stato perzzino a magnà a gratise ala menza de Muntacuto pr’un meséto abumdante,  e per diverzo tempo nun s’era riuscito a capì che fine avria fato sta squadra. Po’, era spuntato Schiavoni, n’ industriale unesto che girava intorno al mondo del palò, e che era stato brau,  e guzo bastanza da cumprà per poghi spicci  el titulo spurtivo de sta squadra per fàla ripartì dal gradì più basso dj prufessiunisti, ciuè dala C2. La Cità aveva risposto prima abastanza  bè, ma po’ s’era disamurata sempre de più, man mano che Schiavò se purtava a casa perzunagi de fori per cercà de risalì la china. La risalita  c’era stata: prima cun qualche ajuto federale (ripescagio in C1) e po’ per meriti spurtivi (pleioffe vinti e prumuziò in zzerie B). Ma cula serie B, Schiavò s’era fato pijà dal murbì da nun fàjela a rège la baràca e aveva molato tuto a l’omo del demonio: Petochi.

Dare in mano una Società di calcio a degli amministratori estranei al Territorio è una mossa azzardata, che fanno in molti, che spesso rende sul breve termine ma che è pericolosa sul medio e lungo. Specialmente per quelle società di provincia che non hanno una base organizzativa consolidata e che non sono in grado di sostenere a lungo una struttura di costi complessa come è quella che pertiene alle società sportive professionistiche. Le cosiddette “condizioni al contorno” poi, non fanno che peggiorare la situazione: il peso relativo degli introiti derivanti dai diritti televisivi, che non costituiscono però una fonte affidabile di ricavi a causa delle pretese crescenti delle grandi società; la disaffezione del grande pubblico che si fa irretire dall’offerta televisiva; i problemi di ordine pubblico che rendono gli stadi sempre più inaccessibili; tutto congiura a rendere la vita sempre più difficile per le società di provincia.       

 

 

Bastava fà quatro conti per capì la diferenza infrà vent’ani prima, quanto l’Ancona giugava in C2 ma el Dorico era pieno cume n’ovo, e i spazi vòti che c’era adè al Del Conero, in zzerie B e cun giugatori che custava venti volte de più de queli d’alora. La gente s’era disamurata.  E po’, ogni istate a lujo, tuti j ani pareva che duveva esse l’inizio dela fine.

Sebbene le imprese sul campo dei biancorossi di Salvioni avessero mascherato per diversi mesi la situazione in cui stava precipitando l’AC Ancona, alcune avvisaglie di un imminente futuro nerissimo c’erano state. E, viste col famoso senno di poi, neanche poche. Ma il sofferto finale di campionato, con la salvezza conquistata grazie al favoloso gol di Mastronunzio al Mantova, aveva lasciata aperta la porta della speranza.   

 

 

Eh già, paro paro a quanto te more ‘n parente, che ‘l giorno prima de murì pare che aripija le péne, e invece... L’istate del 2010 la gente d’Ancona viveva na disaventura che aveva già vissuto poghi ani prima. Ma, quel che saria stato straordinario e imprevedibile, era la magnera tuta diverza de come se cumporterà stavolta!.

L’incredibile alternanza di tentativi, di ipotesi, di voci, di scenari che si susseguono nell’estate 2010, prepara un mix-bomba di politica, economia, sport e passione che esploderà al momento giusto in una straordinaria storia di attaccamento ai colori sociali. Personaggi dell’economia locale e pubblici amministratori si avvicendano al tavolo delle trattative per mettere le grinfie su un boccone che fa gola, senza pensare che alla fine saranno invece gli assenti ad averla vinta!   

 

 

Erene dò queli che mancava intorno al tavulì: i tifosi e l’altra squadra citadina, el Pià San Lazaro. Dò robe che c’entrava pogo una cul’altra, ma che se meterà inzieme per zzalvà el tifo biancuroscio, ciuè per avé qul risultato che altri ciamboti cun tanti più quadrini de loro e tanto più potere nun zzarà boni a tirà fori.

Aver cambiato denominazione e colori sociali sembra una stupidaggine, e invece è stata una cosa enorme. Solo un tifoso può capire la valenza di questo gesto. Certo, noi parliamo una lingua diversa rispetto a tutti gli altri che ruotano intorno al calcio. Una lingua fatta di termini desueti, antiqauti: colori, territorio, bandiere, attaccamento. Noi non parliamo la lingua delle TV, non ci interessa il prime time o lo share; non parliamo la lingua degli imprenditori, non capiamo nulla di ritorni di investimento e di costi. Non conosciamo i termini della politica, urbanistica, amministrazione, e a dirla tutta non capiamo nemmeno perchè i politici vadano a immischiarsi delle vicende del pallone. Ma siamo gli unici che sanno apprezzare un anconetano vero che sussurra: “Se volete ci sono io, ma questa è la categoria che mi spetta, adesso.”

 

 

La Cità risponde al presidente Marinèli int’una magnera inaspetata. Sémo in piena istate, ma invece d’andà a pijà ‘l zzole a Portunovo, j ancunetani che vòle bè  ale majete roscie se riunisce ntél’ asuciaziò “Sosteniamolancona”. I mezi è poghi, ma el prugèto è grandioso: aziunariato populare. Nun è per zzubito, perché el Pià San Lazaro che diventerà Ancona, è na sucetà de diletanti e nun pòle diventà dal’ogi al dumà na sucetà de capitali. Ma tuti i grandi prugèti cià bisogno de dò ingredienti pe’ realizasse: la passiò e ‘l tempo. C’è l’una e l’altro ntél prugèto de Sosteniamolancona, l’espressiò de quel che qualchiduno cun disprèzo chiama “el tifo moderato” d’Ancona

E lo sapete perchè con disprezzo? Perchè c’è tanta gente che non va più allo stadio da anni, cha he disimparato i valori belli del tifo e si è abituata al calcio televisivo. Senza capire che la televisione è solitudine e isolamento,  mentre il tifo è comunità, territorio e radici. Fa comodo, agli sportivi da poltrona, pensare che allo stadio vadano ormai solo quegli animali degli ultras. E fa comodo anche agli ultras, quelli contro tutti e contro tutto, quelli che “tutti ce l’hanno con noi”,  che vada tutto a puttane. E invece no: c’è tanta gente che non si rassegna, tanta gente che vuole darsi fare, senza rinunciare allo stadio.

 

 

La parulina magica è stata quela: “Dorico”. Cosa pòle significà qul stadio zzozo, sdrogio e scunuchiato per la gente che davero cià a core l’Ancona, nun el pole capì nisciuno se nun c’è diventato grande drento a sto catino pel Viale. Chi ha visto al Dorico el rigore-retrucessiò sbajato da Giordano Galli, i dò gol dopo el nuvantesimo cula Mestrina, la legendaria prumuziò in B cun Giancarlino Cadè e Gadda, e le bandiere dela prima favulosa prumuziò in zzerie A, ogni volta che passa davanti a sto stadio sente la pèla che jé se riza pj brividi.  

Questa storia, gli amminsitratori la capiscono anche loro, al momento giusto. Hanno assistito impotenti allo sgretolarsi di tutte le cordate, prima per la C1 poi per la C2 poi per la D, sempre più in giù finché non si è fatto avanti Andrea Marinelli con l’Eccellenza. Hanno assistito quasi da spettatori (interessati) alle adunate costituenti di Sosteniamolancona, e lì hanno capito la valenza di questo vecchio stadio. Intuiscono l’ovvio: che il tifoso vuole stare a contatto col territorio, che preferisce uno stadio vecchio cadente in mezzo alle vie, rispetto a una cattedrale nel deserto con i seggiolini numerati.   

 

 

Méte paura la lista dele squadre che gioga in Eccellenza. Ma Marinèli dice: questo è ‘l campiunato che ce spèta, famo le robe per gradi, un passetì ala volta. Io spendo e me rinforzo, ma nun fago el passo più longo dela gamba. Le istituziò me dà na mà, el publico pure. Duvremo gambià nome e maja: sula maja nun se discute, solo roscia pòle esse, sul nome famo sceje ala gente. C’è chi vole Anconitana, e c’è chi preferisce 1905, che ala fine sarà el nome scelto. E’ morta l’AC Ancona, è nata l’US Ancona 1905!  

Quello che la gente capisce al volo è che stavolta c’è qualcuno che chiede il loro parere. E’ la prima volta da decenni. Questo, è il primo fattore di successo del progetto. Il secondo, è un presidente anconetano. Ma il secondo aspetto non era sufficiente: anche Schiavoni era d’Ancona eppure non aveva mai fatto breccia su questa gente.

 

 

Ce sò dele robe che se vede solo ntj sogni ...ma che solo in Ancona diventa realtà!  Si a me m’avessero dito, guarda che capiterà una sera cula piova a catinèle, che l’Ancona giugherà in campiunato al Dorico contro ala Biagio Nazzaro de Chiaravàle, io avria risposto “Scì, e quantu avevi bevuto la sera prima?”. Sté atenti al discorzo dela piova, perchè c’entra ecome! Ancora al’inauguraziò de’ Stadio del Conero piuveva che Dio la mandava! Ancora quela volta, si n’ano prima me dicevane che giugàmi contru al’Inter e vincémi tre a zero, avria risposto, e béve de meno o ciamboto!

In Italia c’è un solo esempio simile al nostro, ed è un nome glorioso: la Pro Vercelli, la più vecchia società calcistica, 1892! Travolti dalle vicende del calcio di provincia, anche le gloriose maglie bianche piemontesi sembravano destinate alla scomparsa. E anche lassù, è stata la seconda squadra cittadina a prendersi in spalla ciò che rimaneva della prima e a fondare una squadra nuova che portasse nella denominazione l’anno lontanissimo di fondazione, a significare immortalità. Se c’è scritto Pro Vercelli 1892, o Ancona 1905, vuol dire che non morirai mai. Eppure la vecchia squadra è morta, e questa è appena nata. Ma è la passione che non morirà mai.

 

 

Io sò entrato ntéla gradinata del Dorico e ciavevo la facia zzupa de lagrime. Ripenzavo a quanto ero fjolo, po’ studente univerzitario, a quanto el mondo mio era el Riò Adriatigo ndò ero cresciuto e ndò avevo cunusciuto a mì moje. Era un pezo dela vita mia che ricuminciava a vìve, un zzogno che diventava realtà int’ un pumerigio grigio d’autuno. E quanto un fjolo de Pulverigi cureva verzo la curva a strigne la mà dj tifosi dopu avé fato gol, lì ho capito che finalmente la squadra era tuta nostra. Finalmente!

“Siamo un popolo fiero / Antica città di mare / Alziamo le nostre bandiere / Lasciamole sventolare!”. Dei cori da stadio,  è quello a cui sono più affezionato. Perché sintetizza tutta l’essenza della nostra gente. Se la mia vita è più bella, più ricca di passione, più densa di speranze e obiettivi, è grazie a questa città e a questa squadra. Se non mi sono perso nel labirinto della vita, è grazie a questi colori.  Ci saranno per sempre.

 

 

El campiunato del’US Ancona 1905 è stata na marcia triunfale, ma questa nun è na nutizia quanto ciai a che fà cule squadre de paesi picenini dela regiò. La cosa strepitosa è stata la partecipaziò dela gente e l’affèto che ha sempre dimustrato. La squadra era custruita bè, bilanciata in tuti i reparti, e anche cun qualche giugatore da serie superiore, cume Giuseppe Genchi che è arivato a Natale e ha fato guasi 20 gol in mezo campiunato. In aprile, l’Ancona ciaveva la serie D in tasca perché aveva vinto la Copa Itaglia dj Diletanti, che vuleva dì prumziò utumatiga. Oprimo na parentesi cula Copa Itaglia, apunto. E’ stata l’ucasiò pr’andà a giugà fòri regiò, cume ai tempi bèli del’Ancona in zzerie B. Miga me posso scurdà de Inveruno, un paeséto in pruvincia de Milà, a cinquanta chilometri da casa mia. E io stavo lì, in mezo a docento cori biancurosci! 

Nonostante la mostruosa classifica finale di 87 punti, il numero più alto di tutti i tempi, l’Ancona ha addirittura finito la stagione in maniera rocambolesca, quasi a dimostrazione che la squadra era piccola piccola, ma le vicende erano simili a quelle mozzafiato degli anni passati. Sempre inseguita dalla Fermana che non aveva mai mollato un istante, l’Ancona 1905 per uno scherzo del calendario si è presentata a Fermo proprio all’ultima giornata, con un solo punto di vantaggio ma con la promozione già in tasca. Quasi tutti avrebbero lasciato perdere, noi no: in svantaggio per 0-2 a mezz’ora dalla fine, i Nostri hanno raggiunto un rocambolesco pareggio al 94esimo, facendo andare in visibilio i duemila della curva ospiti e facendo andare il ricordo all’incredibile gol contro l’Ascoli al 117esimo minuto. L’hanno capito tutti: noi siamo la neonata Ancona 1905, ma quanto a emozioni, nulla abbiamo da invidiare alla vecchia Ancona!

 

 

 Dificile dì cusa ce spèta pr’il futuro. L’Ancona 1905 esce mutivatissima da na prima stagiò strepitosa ndò ha vinto tuto e ha ricunquistato i tifosi. Ma prò adè ce spèta na serie superiore e forzze, duvesse andà bè i discorzi de ripescagio che se sente dì, pudria arivà ancora la Lega Pro, che saria la vechia C2. Quanto pudrà cresce sto fjolo? El mondo è diventato più dificile e l’entusiasmo pudria nun bastà. Magari pudria ancora capità che  passamo tanti ani ntèl’anunimato prima d’arturnà ai livèli ch’èmi tucato de recente. Npo’ cume sucedeva ntéj Ani Sessanta, che l’Ancona ha fato tanta, tanta Serie C. Ma prò, de quela Ancona che giugava al Dorico io ciò ‘n gran ricordo, e  sta US Ancona 1905 che sarà ancora nostra cul prugèto del’aziunariato pupulare, è molto più impurtante che diventi davero la squadra de nialtri piutosto che la serie ndò giugherà.       

Questo è il concetto chiave con cui chiudere un’annata memorabile anche se giocata in Eccellenza Marche: il tifoso ragiona col cuore, non con la classifica, non con i milioni, non con la TV. Se arrivano i grandi risultati, meglio. Ma se questi risultati si ottengono pagando il prezzo del nostro senso di appartenenza, no: preferiamo questa squadretta tutta nostra.    

 

 

GIUGNO 2010


Adè, se te le sei pèrze, vàte a lège qul'altre pontate dela

STORIA DEL'ANCUNETANA


Quantè belo, gente mia, a fà el tifo pelAncona!


Testo in vernacolo © 2002 AnconaNostra.com & Piero Romagnoli e Sauro Marini