Croniche dal Cile. Scrite dal'amica nostra Silvia, dale luntane urigini ancunetane. Ancora se ène in itagliano le publicamo uguale perchè è sempre un quadro de un mondo diverzo dal nostro


Indice  -  Dagli Appennini alle Ande  L'arte  I mezzi di trasporto  La moda  Il semaforo


 

L'arte

Una giornata di sole nell´inverno del tropico. Parco nazionale, il fiume che arriva direttamente dalla neve. Silenzio.

Mi dirigo al MAC, il museo d´arte contemporanea, un´architettuta classica. Dentro, opere di artisti degli anni della seconda guerra mondiale cileni. Tutti quadri restaurati dalla scuola fiorentina o romana. Opere interessanti, ma senza alcun impatto emozionale, almeno su di me. Fino a quando nella parte sotterranea del museo non mi sono imbattuta in Ramón Vergara Grez e la sua geometría andina. Nei suoi quadri coloratissimi che ricordano le tele dell´artigianato locale, si respirava la sua filosofia fatta di  estensione, silenzio e vuoto. Pittore pluripremiato, nel 1954 ottenne una borsa di studio dal governo italiano che gli permise di viaggiare in Europa e studiare nelle nostre scuole e gallerie.

Le sue geometrie e i colori netti e forti trasmettono la spiritualitá primitiva e sacra che lui cerca e non trova piú in questo mondo. E guardando la sua opera, immaginavo di sentire i flauti degli indigeni. Quel flauto di legno tanto tenue quanto triste che si insinua nelle vene  con una semplice  melodía.

E continuando a camminare per la galleria e poi per il parco nazionale, mi sono ritrovata in cima al Mirador da dove si dominava tutta Santiago, e ancora una volta, la montagna.

E´una presenza costante, che osserva e lí ho ritrovato la purezza plastica che Vergara Grez ha ordinato in geometrie.

Ai piedi del mirador la musica Mapuche invitava ad una mostra di artigianato locale, turístico e caro. E mi concentrai su una donna indígena. Lavorava l´argento, indisturbata, lenta e pacifica. Dalle sue mani uscivano altre opere d´arte mentre guardava una telenovela in un televisore che avrebbe potuto essere degli anni '20.

Provai a chiederle un prezzo, non mi rispose. Era una regina, dedita all´arte manuale, capelli raccolti in trecce nerissime, mani che si muovevano come i cigni in un lago, armoniosi esseri soprannaturali.

Continuó il suo lavoro.

E intanto io osservavo gli orecchini, gli anelli, le erbe, le stoffe, i canestri di paglia, i libri di storia andina.

E con solo 600 pesos, ovvero per un valore di nemmeno un euro, pensavo, mi sono immersa in un mondo che sta scomparendo.

Un euro. Quasi 600 pesos. Con il primo in Europa mi sarei comprata una caramella, qui con lo stesso valore di mercato, si vivono emozioni. E questa é arte.

Silvia Accoroni